di Cristiana Ciacchi
Questi spazi sembrano abbandonati a se stessi, identici, ripetitivi. Restituiscono un'idea di abitare che non è mutata nel tempo, che sembra "scaduta". Nell'area viene rappresentata la marginalizzazione spaziale di varie forme della povertà.
Il perimetro è definito da complessi di edilizia residenziale pubblica, costruiti nel dopoguerra, per offrire a nuclei disagiati una risposta funzionale abitativa a prescindere da altri bisogni e spesso a prescindere dalle caratteristiche del nucleo. Attraversando decenni e cambiamenti economici, sociali e trasformazioni demografiche, la gestione strutturale caratterizzante è stata presidiare il patrimonio immobiliare, con qualche esperienza di mediazione dei conflitti e attenzioni nei confronti degli inquilini. All'interno di questo spazio fisico, dal 1998 esiste uno spazio sociale, il progetto Habitat Microarea. E' un dispositivo di prossimità e prevenzione, che si dedica prevalentemente a nuclei fragili, finalizzato alla coesione sociale e alla prevenzione della salute.
Questo spazio rimanda all'abitare come esperienza complessa, non riconducibile alla sola dimensione prettamente fisico-spaziale. La relazione sociale spesso rappresenta lo strumento risolutivo di situazioni problematiche o di potenziale conflittualità e permette di cogliere situazioni di disagio sanitario.
L'accompagnamento all'abitare dei nuclei familiari che risiedono in alloggi di edilizia pubblica deriva da un presupposto fondamentale: l'importanza della dimensione relazionale. Implica una conoscenza delle persone e una capacità di rapportarsi con esse, in quegli aspetti e specificità che incidono sulla qualità della sua vita, del singolo condominio e di tutto lo spazio.
L'ambiente fisico gioca anche un ruolo di memoria di una vita collettiva passata, in particolare le corti, dove le persone giocavano in gruppo da bambini, riempiendo l'aria di grida argentine e le coppie litigavano in strada o con le finestre aperte. Attorno alle case si aprono alternanze di vuoto/pieno, con numerosi passaggi delimitati da siepi o comunicanti direttamente con le strade, e si scoprono angoli che invitano ad esplorare e muretti per sedersi a chiacchierare, ma spesso son luoghi deserti a qualsiasi ora.
Gretta dalla sua collina sembra sospesa, sullo sfondo si vede il mare, è circondata da boscaglia e dal Carso, in inverno soffia la bora. Questi sono elementi geografici che le persone vivono con molto attaccamento e che costituiscono fattori di appartenenza ed identità.
Le persone transitano altrove. Lo spazio viene attraversato: non è un luogo di lavoro, di attività produttive, non ci sono scuole, campi sportivi o palestre, luoghi di aggregazione. A causa delle barriere architettoniche e marciapiedi sconnessi, alcune persone non riescono ad uscire di casa o a partecipare alle attività, pur esprimendo il desiderio di essere coinvolte e di partecipazione.
Le trasformazioni sociali, le caratteristiche di marginalità e l'invecchiamento della popolazione residente, con riduzione delle autonomie e limitazioni negli spostamenti, favoriscono la solitudine e rende spesso complicato il coinvolgimento di soggetti diversi e spesso culturalmente distanti, che possono anche entrare in conflitto. Sono presenti anche comportamenti di omertà, distacco, diffidenza. Alcuni abbandonano periodicamente masserizie in strada.
Durante la bella stagione le persone fruiscono maggiormente degli spazi esterni Alcune persone si dedicano alla cura delle aree verdi, autonomamente o nell'ambito del progetto "Rigiardino" e hanno disseminato di elementi identificativi le aiuole e alcuni spazi comuni. La creazione di giardinetti sembra aspirare a un mondo migliore, è comunque un modo per poter esprimere qualità e gentilezza. Da queste esperienze sono sviluppati rapporti di buon vicinato, cooperazione, qualche amicizia. Per consentire la proiezione di film all'aperto (due o tre volte), un residente mette a disposizione le sue finestre, a cui viene appeso un lenzuolo che funge da schermo e un altro inquilino allaccia la corrente elettrica al suo contatore. Qualcuno partecipa anche a delle passeggiate condotte dalla referente della Microarea.
Ricercando delle tracce fisiche, si ritrovano oggetti materiali per esempio la targa ricordo affissa per ricordare un maestro di musica, oppure il busto di un uomo, considerato il "protettore" di Gretta. Un'altra traccia fisica sono le aiuole, curate nelle aree comuni e identificate con oggetti simbolici.
Lo spazio fisico consente parzialmente la continuità delle attività, per limiti strutturali (sede inadeguata, mancanza di riparo ed ombreggiature nelle corti, barriere architettoniche,..) e che condizionano la progettualità in base alla stagionalità. A fronte di condizioni di solitudine e marginalità, e dell’assenza di una vita associativa, gli sforzi dell’equipe della Microarea puntano al recupero di questi spazi residui ed obsoleti in spazi collettivi ed aggregativi. Per es. incontri organizzati nella sede del portierato sociale; animazione estiva "Caffè nelle Corti" con lettura del giornale locale; proiezione di film all'aperto; progetto "Rigiardino",... La Metodologia integrata tende in questo periodo a scontrarsi con strutture amministrative e operative che stanno ripensando il mandato istituzionale delle Microaree o non le sostengono a sufficienza. Altre strutture continuano a sostenere le pratiche di comunità, per esempio la Circoscrizione ma non hanno potere decisionale sul futuro.
Sono pensate e programmate varie pratiche sociali, in sede e all'aperto, calendarizzate seguendo anche la stagionalità. In inverno si è costretti in una sede che contiene formalmente al max 22 persone, nella bella stagione si possono fruire gli spazi esterni, ma il calore estivo ha limitato la realizzazione e la partecipazione. Sono attività e laboratori che mirano a stimolare la riflessività, ad alimentare aspirazioni, mantenere abilità sociali, acquisire competenze tecnologiche. In particolare un gruppo di donne anziane, attirate dalla possibilità di svolgere dei laboratori o di condividere dei pranzi, nel tempo dimostrano maggior sensibilità rispetto ad alcune tematiche. Quest'anno si svolti degli incontri divulgativi aperti a tutti su vari temi della salute e sull'alimentazione, che hanno colto interessi "trasversali".
Le possibilità esistono, mediate anche dal lavoro degli operatori referenti, ma le persone devono aderire ai regolamenti dell'ATER e chiedere autorizzazioni per svolgere attività nelle aree comuni, attendere le tempistiche, rispettare i contenuti. Potenzialmente i residenti potrebbero agire per trasformare i luoghi e modi del loro contesto di vita, ma non riconoscono i loro bisogni, oppure non sentono di poterlo fare o non hanno la forza di "esporsi".
Favorire la partecipazione significa offrire la possibilità ai singoli di esprimersi e riflettersi in contesti gruppali. La partecipazione va orientata, accompagnata, servono figure stabili, tempo dedicato, continuità nel tempo e nello spazio. Possono sorgere dei conflitti, che vanno identificati e mediati. La partecipazione è favorita se gli eventi sono ricorrenti, periodici, riconoscibili; se sono condivisi degli obiettivi o dei bisogni. E' possibile e praticabile se vi sono rispetto, riconoscimento reciproco, senso di appartenenza: allora la partecipazione diventa spazio del possibile. La partecipazione valorizza le persone, rendendo visibili le competenze. Favorisce la coesione sociale e rinforza la motivazione degli operatori In generale chi partecipa ha una maggior soddisfazione sulla percezione dell'ambiente di vita, della propria qualità di vita. Per i professionisti, si tratta di "scoprire le capacità dei luoghi e delle persone".
Attraverso l'ascolto e un'attenzione alla dimensione relazionale, dell'esperienza abitativa, delle condizioni di vita, attraverso azioni di accompagnamento anche con servizi domiciliari, educativi, integrativi. Per nutrire la partecipazione si possono orientare gli interventi sul benessere, non solo sulla dimensione del disagio, esplorando assieme alle persone aspirazioni e desideri, alla ricerca di ciò che alimenta senso di sicurezza, atteggiamenti prosociali, soddisfazione, creando situazioni dove sia possibile sperimentare emozioni positive. Gli attuali residenti nella Microarea condividono sentimenti di identità ed appartenenza, di Gretta come di un luogo proprio. L’equipe della Microarea pensa anche al futuro: in prospettiva, ben diversa sarà la situazione quando sarà ricostruito l’agglomerato ATER di via Gorizia/Gradisca, con circa 80 alloggi, di varia metratura; la provenienza dei nuovi inquilini e famiglie sarà estremamente eterogenea, anche dal punto di vista culturale.
Sarà opportuno avviare azioni di accompagnamento già durante i traslochi e i trasferimenti ed attivare iniziative trasversali (organizzazione di eventi) per favorire l'integrazione dei nuovi residenti. L'insieme di fattori (anagrafici, economici/reddituali, di salute ed autonomie, abitativi, relazionali/sociali) e la tematizzazione degli aspetti spaziali della povertà, dell'esclusione e della vulnerabilità sociale spinge nella direzione di approcci multidimensionali. E' necessario continuare a praticare una metodologia integrata, ricercando la collaborazione fra diversi soggetti (ATER; ASUGI, i servizi socioassistenziali, i trasporti, l'urbanistica, la sanità, la scuola, la cultura..) Sarebbe molto utile un miglior coordinamento a livello interistituzionale ( fra ATER, ASUGI e Comune per es.)