uno studio kalagrafico realizzato da studenti dell'Accademia Belle Arti di Napoli
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ricordi passati e possibili
Quali ricordi emergono dai nostri primi giorni in questo luogo?
"Il primo giorno ricordo quanto l'accademia fosse grande ai miei occhi. Un labirinto di aule, salite e discesa. Mi sentii sopraffatta nel vedere quanto fosse vissuta di quanto si sentisse una forte anima."
"Il primo giorno lo ricordo bene. Ero già stata lì altre volte, ma non avrei mai pensato che quel luogo potesse diventare uno dei 'miei' luoghi. Ricordo la prima camminata su quelle scale, una me ormai passata, assalita dall’ansia, ancora non sapeva che lì dentro avrebbe trovato una nuova sé stessa, quella che è oggi, e che non immaginava neanche potesse diventare."
"La sensazione di trovarmi in un luogo pieno di storia e al contempo pieno di aspettative per me."
"Un ricordo degli inizi è sicuramente legato all'insicurezza ed inesperienza, alle domande di un futuro possibile."
"La me del passato è entrata in questo luogo non molto sicura di se stessa, impaurita di affrontare un percorso e una realtà differente, timori che iniziano a crescere continuano ad esserci, ma che in alcuni casi si affievoliscono. Questa sarà una parte di me che ricorderò per sempre."
"Com'era strano aggirarsi tra i corridoi e le aule gigantesche dell'accademia piene di sguardi persi tra gli spazi rinchiusi tra le mura."
"Ero da poco arrivato a Napoli e mi sentivo disorientato. Quando entrai in Accademia, tutto mi sembrava nuovo, ma allo stesso tempo strano: la miriade di percorsi, il modo in cui si raggiungevano le aule, la conformazione dell’edificio... tutto mi sembrava un labirinto. Tutto questo mi sembrava un brutto sogno. Ma in questo smarrimento, la mia guida e spalla fu Francesco, mio collega, che allora non sapevo sarebbe diventato un grande amico."
"I corridoi. L’iscrizione in segreteria."
"Caos e confusione. Persone incanalate ovunque. Facce severe."
"Appena arrivata qui, ho visto questa maestosa struttura, antica ma carica di storia, e mi sono sentita minuscola come un filo d'erba in un campo di grano infinito. Quando poi sono entrata al suo interno, vedere tutti quegli spazi ampi, il David, la luce, non mi hanno fatta sentire spaesata, ma come se avessi sempre fatto parte di questo posto."
"La luce della 204 con le tende rotte, il pranzo in cortile, i mercoledì infiniti, i progetti insieme, l’emozione e la felicità di avere trovato un posto che parlasse la mia lingua."
"Tante persone, volti nuovi, in questa folla noto un ragazzo basso con delle Jordan e un signore con un cappello marchiato Nikon. In particolare noto un ragazzo con delle cuffie che ballava di fronte all'entrata dell'accademia. Inizialmente rido e penso “ma che ca*”. Qualche ora dopo lo stesso ragazzo balla tra i corridoi dell'accademia, ora che ci penso meglio non era proprio un ballare ma più un rappare e gesticolare con un pubblico immaginario. Probabilmente il ragazzo era felice, non gli importava del giudizio altrui, era a suo agio ed io ero lì pronto a ridere di lui. Non l'ho mai più rivisto, ma oggi invidio quel ragazzo."
"La meraviglia, guardando i ficus e le loro radici. Sentivo quest’ultime, potevano insegnarmi tanto. La forza. La fragilità. La scoperta. La sofferenza. La sopravvivenza. La persistenza."
Quali ricordi potrebbero emergere un giorno in futuro?
"Tra molto anni ricorderò quanto, nonostante le difficoltà, mi sentissi a casa. I legami, le cotte e il tempo dedicato a pensare, creare, progettare idee; durante le lezioni, sotto gli alberi di ficus, seduta sulle scale. Tutti questi momenti hanno fatto sì che lasciassi qui una piccola parte di me."
"Finisco di prendere il caffè al bar 'Belle Arti', che si trova a due passi dall’Accademia, luogo in cui ho trascorso tanti momenti con i miei colleghi durante le pause tra una lezione e l’altra. Mi giro e vedo l'edificio svettare tra gli altri. Mi dirigo verso l’entrata. Appena entrato, noto la portineria deserta. Una folata di vento mi scompiglia i capelli. Proseguo verso il giardino e, nel frattempo, mi accorgo che alla statua del David mancano due dita nella mano destra. Arrivato all'ingresso, una luce abbagliante mi colpisce gli occhi, li chiudo per un attimo e sento un odore di terra e di erba appena tagliata. Alzo lo sguardo e noto gli alberi di ficus, che sembrano toccare il cielo ancora più di prima. Abbassando la testa, i miei occhi si posano sul giardino; con stupore, ammiro tantissimi studenti riuniti, intenti a conversare. Nelle loro mani si agitano contenitori pieni di cibo, panini, posate, fazzoletti...C’è chi sta più in disparte, intento a sfogliare un bel libro, e chi invece studia con ansia per un esame imminente. Mi rivedo in quei volti, in quei gesti che un tempo mi appartenevano. Mi riconosco in quegli stati d’animo, in quei momenti di pace apparente, sotto l’ombra di quegli alberi che, in passato, avevano protetto anche me."
"I pranzi consumati insieme nel cortile sotto l'ombra degli alberi anziani che ci univano."
"La cosa che ricorderò di più, un giorno, sarà il giardino, il luogo più accogliente che tutti sentiamo veramente nostro. La luce filtrata dagli alberi, la leggera brezza, il suono della natura, nella quale sentirci liberi e a contatto diretto con noi stessi e con gli altri. Il punto d'incontro nel quale non sentirsi mai soli."
"I ficus sono sempre lì, anche le loro radici. La meraviglia del primo giorno non mi ha mai lasciata. Alle tue parole silenziose, grazie."
"Le nuove, presenti e future amicizie create negli anni accademici."
"So che mi resteranno le persone, su tutto. Questo posto è stato reso unico e per me bellissimo per tutto quello che ho condiviso con loro."
"In futuro continuerò a pensare che essermi iscritto all'accademia sia stata in buona parte una perdita di tempo. Ci sono ovviamente piccole esperienze da salvare e che porterò nel mio bagaglio culturale, ma per il resto avrei preferito fare altro."
"La me del futuro porterà con sé esperienza e un bagaglio ricco di ricordi che avranno 'contrasti' sia bui, sia lucenti. È bello soffermarsi però sui lati positivi."
"Sarà come tornare a casa."
"Penso alla me stessa del futuro ogni giorno, ma ancora non riesco a visualizzarla, mentre continuo a tornare alla me del passato. Ed è proprio così che mi visualizzo in futuro, a riguardare il passato in maniera nostalgica, a quei momenti preziosi passati con chi ho avuto il privilegio di conoscere e amare in questi luoghi, agli insegnamenti ricevuti, ai fallimenti e ai dolori subiti che lasciano sempre il segno. In futuro, quando riguarderò indietro, sorriderò ripensando a tutto questo."
"Forse sarà 'casa' o forse non la vedrò mai più, transitorio e permeabile. Forse sarà il luogo giusto da cui far partire un reale cambiamento."
Foto e ricordi: Giovanni Bardo, Francesco Capasso, Armando Chiatto, Leonardo Colimodio, Filippo Ditta, Francesco Lembo, Noemi Marotta, Rosaria Murolo, Fiammetta Pignatelli, Manuela Pontillo, Andrea Quartuccio, Alessia Russo, Amelia Stanzione, Vittoria Sanseverino, accompagnati da Opher Thomson e Prof. Marina Brancato all'Accademia Belle Arti di Napoli.
Nel corso di questo breve laboratorio ci siamo allontanati dalla rappresentazione fotografica formale per focalizzarci sulle nuove possibilità dell'osservazione kalagrafica, nel tentativo di vedere come ogni paesaggio familiare è un costrutto sociale che plasma e viene plasmato dalle nostre interazioni. L'idea non è quella di 'documentare' lo spazio, ma di utilizzare l'intrinseca transitorietà della fotografia per dischiudere quel luogo nel tempo, al fine di osservarne i suoi ritmi e meccanismi, i modi in cui protegge, nasconde, comunica, conduce, delinea, divide, il modo in cui si scontra con diverse realtà o ne richiama altre ancora – e così magari comprendere meglio le nostre multiple risposte a tali condizioni.
Con l'arrivo dell'estate, gli altri studenti e insegnanti erano assenti. Cosa rimane? Cosa rivela lo spazio della loro esperienza? In che modo lo spazio ricorda chi ha partecipato alla sua storia, e come custodisce quei ricordi? Quale forma e quale peso assume questa memoria sociale e in che modo potrebbe condizionare l'esperienza dei futuri partecipanti? Il paesaggio plurale che emerge qui è stato realizzato in quelle poche ore che abbiamo condiviso insieme. Cosa rimarrà di questo spazio dentro di noi? Cosa vedete voi?