di Federica Massari
Il Quartiere Aurora è ambiente di vita quotidiana per le famiglie che lo abitano. Il nome non è stato scelto dalle persone, ma da una precedente amministrazione che, volendo "ingentilire" alcune zone della città legate a pregiudizi, ha aperto un bando alla cittadinanza affinché proponessero dei nuovi nomi. (Al bando non hanno partecipato gli abitanti del quartiere).
Le famiglie abitano il quartiere, lo vivono. Ci sono due modi diversi di vivere il quartiere: quello strutturato, dettato dai servizi presenti, e quello spontaneo, scelto dalle famiglie. Anche quando sono stati organizzati degli eventi in quartiere, i "riccardini storici" non vi hanno preso parte preferendo piuttosto rimanere ad osservare a distanza.
In alcuni punti del quartiere è facilmente individuabile il passaggio di alcuni abitanti, in altri meno. Ci sono delle zone del quartiere che sono molto caratteristiche (per esempio i murales), ma questa caratteristica non è stata prodotta né richiesta dagli abitanti.
Ci sono degli spazi e delle azioni che "partono dal basso" e che ormai hanno una storia (come il mercatino dell’usato, che coinvolge molte persone del quartiere e che - probabilmente - è l’unica attività che porta gente di fuori, all’interno di via RdG). Ci sono dei luoghi informali che però diventano punti di aggregazione (come il bar) e dei luoghi formali che nascono con l'obiettivo di diventare punto di incontro.
A parte il mercatino dell’usato, non c’è niente che possa portare un non residente in via RdG. Il quartiere è molto vissuto da chi lo abita, ma al contempo è evitato (o temuto?) da chi non lo conosce. Coinvolgere nuove persone non è facile se, come è stato fatto finora, realtà esterne al quartiere arrivano con l’idea di inserire o sperimentare qualcosa (non richiesto).
Negli anni ci sono stati dei tentativi da parte di alcuni abitanti di presentare delle proposte, delle attività, per poter utilizzare degli spazi lasciati vuoti da altri servizi ormai conclusi. Non c’è stato però il coraggio da parte di nessuno (istituzioni da una parte e abitanti dall’altra) di concretizzare queste proposte. I luoghi sono rimasti vuoti per anni, probabilmente le necessità delle persone non hanno trovato le risposte che cercavano e si è andati avanti così.
Non c’è vera partecipazione se non si ascolta la gente e se non si è disposti a mettersi in gioco, modificando eventualmente la propria idea di partenza. Un’associazione, un’amministrazione, un servizio pubblico, devono mettersi nella condizione di dire "Ok, forse non era questo quello che gli abitanti del quartiere ritengono necessario. Metto da parte la mia idea, ascolto gli altri e riprogetto qualcosa di nuovo, ma di utile!"
Parlando del servizio sociale per esempio, si potrebbe chiedere alle famiglie, anche sotto forma di questionario, quale potrebbe essere il "servizio sociale preferito", cosa agevolerebbe la frequentazione e cosa invece la ostacolerebbe. (L’ufficio del servizio sociale anni fa è stato spostato per questioni logistiche, passando dall’essere un luogo assolutamente centrale ad un luogo molto decentrato. Questo favorisce la frequentazione delle famiglie? La ostacola? É questo quello che cerchiamo?)