di Gaia Blasutig
Il quartiere risponde ai bisogni essenziali della comunità. Non ci sono mura a cingerlo, ma un confine invisibile – tracciato dalla memoria e dall’abitudine – oltre il quale pochi si spingono. È un mondo a sé, fatto di appartenenza, dove ogni angolo custodisce un frammento di vita.
Le famiglie che abitano il quartiere ne sono protagoniste. Sono loro a rendere vivi i muri con i graffiti e i volti affissi nelle bacheche, quasi a dire "noi siamo questo luogo e questo luogo è noi". Attraverso la loro presenza il quartiere prende forma, memoria, anima. Eppure, in questo legame così forte, le persone faticano a separarsi dall’immagine che il quartiere proietta su di loro. È come se il confine invisibile del rione non fosse solo geografico, ma anche identitario. I suoi abitanti si muovono tra due ruoli: attori principali della scena quotidiana e, al tempo stesso, vittime di una narrazione che fatica a cambiare.
Si, lo spazio ricorda chi lo ha abitato e vissuto. I volti degli abitanti nel quartiere, i segni lasciati dalle storie quotidiane, testimoniano il ruolo centrale che le persone hanno avuto nel dare identità al quartiere.
Si. È un luogo che preserva più che trasformare, permettendo alla comunità di riconoscersi e ritrovarsi in gesti familiari e consolidati.
Lo spazio ospita in potenza la possibilità di nuovi incontri e scambi: diverse vite, culture ed etnie si incrociano quotidianamente condividendo lo stesso territorio. Tuttavia, ciò che le unisce è spesso solo la fatica del vivere in una condizione di marginalità, più che un reale dialogo. Sebbene esista la possibilità di immaginare luoghi nuovi, capaci di far evolvere la comunità, restano forti le resistenze, la diffidenza dell’altro e la tendenza a chiudersi nel conosciuto.
Nel quartiere ci sono molteplici espressioni individuali e collettive. Ci sono dei servizi minimi, essenziali (un bar, la posta, la farmacia, una biblioteca, un ambulatorio, il PIG), ma gli spazi sono sottoutilizzati. Mancano dei veri e propri momenti di aggregazione.
Le persone partecipano e prendono parte sulla base di un bisogno. A volte questa partecipazione non avviene negli spazi istituiti dedicati, ma in luoghi informali.
Dando voce ai suoi abitanti, chiedendo quali sono le loro aspettative, bisogni.