di Elena De Cecco
Innanzitutto dobbiamo chiederci quali famiglie. Non è un luogo aperto a tutti. Ci si accede su appuntamento e se in carico al servizio. Questo luogo conta, eccome, per le famiglie coinvolte. Non è neutro, ma ha odore. Ci si approccia con timore, a volte con rabbia e sospetto. Il dolore è palpabile. Anche i sorrisi si affacciano e voci e giochi di bimbi.
Le famiglie hanno potere? O subiscono questo spazio? Eppure, il loro ruolo è centrale. Sono i protagonisti. Parliamo di loro, e qui affrontiamo e affrontano la loro situazione, ma non sono interpellate riguardo lo spazio.
Le scrivanie delimitano i confini e mostrano i differenti ruoli giocati, il bancone all'ingresso dichiara chi dà le informazioni e chi le riceve. Alle pareti: disegni di bambini, murales fatti da giovani in formazione, piante più o meno rigogliose a seconda del colore del pollice di chi se ne prende cura, piccoli oggetti personali, nelle stanze ma anche negli spazi comuni.
E' uno spazio che non ha ancora esaurito il suo potenziale perché potrebbe ancora evolvere plasmandosi, con gentilezza, su chi lo vive.
Teoricamente sì. Potrebbe, dovrebbe. Il problema è la lentezza. Ma il potenziale c'è e anche le competenze per scombinarlo in modo creativo. Desideri e progetti possibili!
Logisticamente e strutturalmente non può essere plasmato. Ma lo spazio non è solo muri e arredi. Lo spazio è fatto di chi lo abita, anche transitoriamente e gli incontri i colloqui, le riunioni sono organizzati, nella disposizione delle sedie e dei posti, spostando scrivanie, chinandoci a altezza bambino, dalle persone, operatori e famiglie, che in quel momento e per quella particolare situazione si ritrovano e li rappresenta.
Che il cammino è lungo, complesso, lento, faticoso ma possibile! Necessario! Fruttuoso! Che lo spazio non basta. Che il cambiamento spaventa. Che siamo abitudinari. Che la zona di comfort è importante. E ci insegna che la partecipazione nasce e può crescere se quello spazio abbiamo contribuito a crearlo, e prima sognarlo e idearlo. Se lo sentiamo un po' nostro. Meglio poi se c'è un pezzo di cuore.
Aprirlo a altre iniziative, che non siano connotate dal nostro servizio. Offrirlo a chi serve, a associazioni, gruppi di cittadini del rione, IMMAGINARE! SOGNARE! PROPORRE! PORTARE LO SPAZIO A CHI SERVE. FOTOGRAFARE LA LUNA! MA ANCHE IL DITO!
Attrezzare spazi mobili, temporanei, fluttuanti, esportabili e replicabili che diano più risalto alle persone alle relazioni che si possono instaurare.