Se penso all’acqua, la mente corre al torrente Igna, un piccolo corso d’acqua che scorre silenzioso, attraversando il paese in cui sono cresciuta. È un torrente insignificante, fatto di poca acqua e molti sassi. Qua e là si formano ristagni più o meno profondi dove l’acqua sembra riposare, cambia il suo colore; una sfumatura verdognola gli dona un aspetto misterioso. Ora è primavera, e il torrente appare rigoglioso, animato, veloce nel suo scorrere, è come se la natura lo accompagnasse in un viaggio incessante, verso l’ignoto.
Lucchetti, catene, recinzioni appaiono metallici e arrugginiti in uno spazio sommerso da elementi naturali. Il torrente Igna è contornato dal verde della vegetazione, il marrone della terra e il grigio della pietra. Questi elementi metallici non sembrano avere senso ma ricordano che ci sono netti confini tra pubblico e privato. Invitano a mantenere una certa distanza dall’argine del torrente o dalle proprietà. Nonostante ciò è facile infrangere i limiti e le regole per avvicinarsi all’'acqua... oltrepasso la staccionata, mi abbasso e proseguo…
Il torrente Igna è nostalgia, è infanzia. Per chi lo conosce davvero, è un frammento di memoria, un suono sommesso che riaffiora. Eppure, a uno sguardo distratto, appare immerso nel paesaggio, silenzioso, quasi invisibile. Percorre lentamente il suo tragitto serpeggiante e sembra anonimo, non considerato. Un ponte in cemento grezzo lo attraversa, sembra dimenticato dalla collettività, dai paesani. Qualche segnale sparso sembra restituirgli dignità, inserendolo in un percorso pedonale, come a voler ricordare che anche i luoghi più umili custodiscono un’anima.
Lo spazio appare forzato dagli interventi antropici come si intravvede dalla sistemazione degli argini del Torrente, dove le pietre geometriche inserite contrastano con i ciottoli tondeggianti che ricoprono il letto del corso d’acqua. La trasparenza dell'acqua lascia intravedere un frammento azzurro, sicuramente ciò che rimane di una piastrella. Un cilindro rosso compare tra i ciuffi verdi dell'erba, sicuramente opera di un cacciatore. Scritte sconnesse, insegne bruciate, un degrado opera dell'uomo. Rami e sterpaglie accatastate casualmente, appaiono abbandonate a se stesse. Scorgo una natura che poi così naturale non è più.
Come un sottofondo c’è il cinguettare degli uccelli, il vento sulle chiome degli alberi, il ronzio dei veicoli e delle fabbriche in lontananza. Odore di erba, sensazione di umido sulla pelle, di bagnato… si percepiscono solo se attentamente ricercati. Il flusso dell'acqua, il verde della vegetazione ma anche il muschio, questo più angusto, spiccano per i colori accesi i quali a causa dell’assenza del sole appaiono comunque cupi. Noto i dettagli, quei particolari che attirano l'attenzione. L'acqua è fresca e veloce, scorre e diventa protagonista della scena. Prevale una sorta di “pace dei sensi".
L'insieme, il mix degli elementi presenti. Il boschetto variegato che abbraccia le sponde del torrente Igna. Il ponte in cemento grezzo, spoglio e senza ornamenti. La villa solitaria che domina dall’alto del monte, come un guardiano silenzioso. Sono pochi elementi, ma bastano a imprimere carattere a questo punto del paese, questo preciso punto del Torrente Igna.
Schiamazzi, risate, gli schizzi dell’acqua…dopo la scuola si davano appuntamento lì, era il loro punto di ritrovo. L’Igna era popolata da bambini che non si fermavano nemmeno un istante, sempre in movimento tra giochi o fughe dalle occhiatacce degli adulti che passeggiavano o si rilassavano nei pressi. La presenza di persone aumentava con l’aumentare delle ore di luce, segno dell’estate in arrivo. Ora bambini non ce ne sono più. A volte, si scorge qualche paesano che percorre il sentiero accanto al torrente, da solo, in gruppo o con il proprio cane. E’ diventato un punto di passaggio, nessuno si ferma assorto dalla propria frenesia quotidiana, come se questo luogo non avesse più nulla da offrire.
Il torrente un tempo era un rifugio, era libertà ed avventura. Le pseudo “dighe” improvvisate, fatte di sassi accatastati, raccontavano la spensieratezza dei bambini. Oggi, al loro posto, il territorio è marcato soltanto da insegne malconce, senza più voce, quasi anonime. Le impronte di pneumatici nel fango e i catenacci arrugginiti, delimitano un terreno che affianca il corso d’acqua evidenziano il costante interesse del proprietario. Ma probabilmente è ignaro di ciò che lo circonda mentre è impegnato nelle sue faccende. Così, quel torrente che un tempo era luogo di giochi e risate ora giace in silenzio, testimone di un tempo perduto che sopravvive solo nei ricordi di pochi.
È un luogo aperto e visibile a tutti ma data la scarsità delle frequentazioni può apparire intimo e discreto. Talvolta sembra quasi invisibile, sconosciuto.
Un condotto in cemento, tondeggiante e ignoto, si apre davanti agli occhi come un passaggio verso l’ignoto. E’ lungo forse solo pochi metri, ma trasmette un silenzio inquieto. Qualcosa, nella sua forma e nella sua ombra, scoraggia l’ingresso; cosa potrebbe celarsi oltrepassandolo?
Il torrente è sempre lo stesso, anche se cambia aspetto di mese in mese, seguendo il ritmo dell’acqua che scorre su di esso. È proprio la quantità d’acqua a determinare la fisionomia, a raccontare silenziosamente le stagioni. Un lento abbandono è segnato nell'intorno, mette in evidenza la perdita di vitalità che un tempo l’uomo infondeva con la sua presenza. Eppure, nella sua essenza, il luogo resta immutato: ha conservato la stessa identità. Solo alcuni dettagli raccontano che qualcosa è cambiato.
Il torrente con la sua poca acqua fresca e veloce, scorre instancabile tra sassi come un cuore che pulsa. Sembra essere l’unico elemento a dar vita allo spazio che lo circonda. La sua portata, capricciosa e mutevole, attraversa un intorno abbandonato, dove l’erba cresce disordinata e il tempo sembra essersi fermato. È un connubio di silenzi: il movimento dell’acqua, la perdita di considerazione da parte dei paesani, l’immobilità soffocante del luogo.